Le emozioni sono alla base di qualsiasi relazione che instauriamo nella vita, sia essa lavorativa, sociale o affettiva. Le emozioni si sono raffinate nel corso della storia dell’uomo, consentendoci di sopravvivere fino ad oggi.
Spesso nella nostra giornata ci sentiamo arrabbiati, nervosi, felici, spaventati e in molti altri modi. Questo dipende il più delle volte da quello che ci capita, da quello che pensiamo o dalle nostre relazioni con gli altri.
Cosa sono le emozioni?
Le emozioni possiamo definirle come processi multicomponenziali che coinvolgono stati mentali, fisiologici e comportamentali. L’emozione appare con un’alterazione di breve durata e di alta intensità dell’organismo. Possiamo cominciare a sudare, a tremare, a respirare più velocemente. Il nostro cuore può diventare tachicardico, la vista annebbiarsi, avere un lieve mal di testa. A questa alterazione segue, il più delle volte il pensiero e un’azione o comportamento. Insomma un susseguirsi di cambiamenti psico-fisici che ci danno un indizio su quello che sta accadendo in quel momento nella nostra vita.
Nel caso in cui, ci sia una reazione ad un evento avverso, all’emozione può seguire un comportamento automatico (come fuggire) che può saltare completamente il pensiero, che compare poi successivamente.
A cosa servono le emozioni?
Ma prima di continuare. Qual’è il ruolo delle emozioni? Nel corso della storia l’uomo ha sviluppato emozioni sempre più ricercate che evolvevano col contesto in cui viveva.
Fin dai primordi della specie, le emozioni hanno avuto una molteplice utilità. Per cominciare sono adattive. Consentono infatti di rispondere agli stimoli ambientali in maniera coerente e al fine di mantenerci in vita. Infatti, ci consente di reagire per tempo alle situazioni impiegando l’energia sufficiente per avvicinarci o allontanarci dallo stimolo taget.
Paul Ekman, forse il più grande studioso di emozioni dei nostri tempi, afferma che le emozioni primarie sono 6: gioia, disgusto, rabbia, paura, sorpresa e tristezza.
Ad ogni emozione corrisponde una funzione adattiva, qui sotto schematizzata.
Gioia -> affiliazione | Disgusto -> rifiuto | Rabbia -> autodifesa | Paura -> protezione |
Sorpresa -> esplorazione | Tristezza -> reintegrazione.
Immaginate di essere un vostro lontano avo che passeggiando per il bosco si trova il cammino bloccato da una bestia feroce. Se non reagisse immediatamente, probabilmente non ne uscirebbe vivo. E’ lì che si attiva in maniera immediata e inconsapevole l’emozione della paura che invia subito i segnali al corpo. Il corpo reagirà di conseguenza mettendo la persona di fronte alla decisione di rimanere e combattere o di fuggire (fight or flight). Il sangue verrà pompato poi dove servirà per affrontare la situazione e il nostro cervello sarà molto più “sensibile” alla situazione.
A queste emozioni primarie, seguono tutte le altre emozioni che esperiamo quotidianamente come, per esempio, frustrazione, imbarazzo, gelosia e quant’altro. L’emozione giusta al momento giusto.
La funzione sociale riguarda invece la comunicazione agli altri di come ci sentiamo. A tal proposito, i nostri comportamenti, le nostre azioni, la nostra espressione del viso, la nostra postura e la vicinanza più o meno elevata con l’interlocutore ci consentono di esprimere le emozioni che in quel momento proviamo.
Infatti, siamo in grado di riconoscere subito una persona arrabbiata o una persona felice, semplicemente con un’occhiata. Questo dipende dal modo con cui le persone esprimono le emozioni. Chiaro è che, una persona che non ha imparato ad esprimere le proprie emozioni sarà più “criptico” agli occhi di un osservatore esterno.
Le emozioni però, dobbiamo ricordare, hanno uno scopo che spinge l’organismo a sopravvivere e quindi, riconoscerle ed esprimerle, ci consente di muoverci meglio in mezzo all’ambiente.
Pensiamo per esempio al caso in cui una persona sia triste e cominci a piangere. Questo semplice comportamento spinge le persone intorno ad avvicinarsi per sincerarsi della situazione. Gli occhi inumiditi dalle lacrime attivano la nostra empatia e la nostra vicinanza emotiva. La natura ci ha dunque provvisti di una strategia funzionale al richiedere la vicinanza all’altro. Lo stesso vale per le altre emozioni.
E oggi?
Sembra che oggi, con le innumerevoli distrazioni che abbiamo nella nostra quotidianità siamo meno sensibili alle emozioni sperimentate dall’altro, ma soprattutto da noi stessi. Spesso siamo stupiti delle nostre reazioni o non comprendiamo il perchè di un’emozione. Come anche, il non comprendere affatto che stiamo provando delle emozioni. Per esempio, l’espressione facciale di fronte al nostro smartphone, solitamente è quella neutra. In un famoso esperimento di Tronick conosciuto come “still face experiment“, si è notato come un neonato di fronte all’espressione neutra della mamma, provi ad attivarla fin quando non comincia a piangere spaventato. Sembra che quell’espressione, tipica di persone alessitimiche, comporti uno sviluppo psico-affettivo non del tutto sano. Lo stesso esperimento, riproposto con lo smartphone in mano ha dato gli stessi esiti, pur non essendo le persone in questione alessitimiche.
E’ importante dunque essere consapevoli delle proprie emozioni, perchè queste ci consentono di esperire la vita a colori, dando il significato soggettivo degli eventi che viviamo.
Il link al video dello still face experiment. https://youtu.be/apzXGEbZht0
Bibliografia
- Ekman, P. (1992). An argument for basic emotions. Cognition & emotion, 6(3-4), 169-200.
- Tronick, E., Als, H., Adamson, L., Wise, S., and Brazelton, T. B. (1978). The infant’s response to entrapment between contradictory messages in face-to-face interaction. J. Am. Acad. Child Psychiatry 17, 1–13. doi: 10.1016/S0002-7138(09)62273-1