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In accordo con l’aggiornamento del 2021 del Ministero della Salute, c’è un esordio dei disturbi della condotta alimentare (DCA) sempre più precoce (<15 anni).  L’incidenza è addirittura di 200-300 persone per l’anoressia e di 50-100 persone per la bulimia. Questi dati sono riferiti alla sola popolazione femminile. Ma cosa sono i DCA? 

Prima di cominciare, bisogna assolutamente dire che in questo articolo sarò molto sintetico. La tematica dei DCA è enorme. Si sono accumulati numerosissimi dati nel corso degli anni e numerosissimi studi si sono occupati del fenomeno da diversi punti di vista. Oggi cercheremo di parlare brevemente di quelli che sono i DCA più diffusi, osservarne le caratteristiche e cercare di avere un’idea della loro pervasività nella quotidianità di chi ne soffre.

I DCA nel DSM 5

I disturbi della condotta alimentare sono descritti all’interno del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali Quinta Edizione (DMS 5) e all’interno dell’ International Classification of Diseases (ICD 10). Dal primo gennaio è uscito anche l’ICD 11, ma non è ancora diffuso. Noi ci baseremo sulla definizione del DSM 5 che è maggiormente utilizzata in ambito clinico.

I DCA sono riportati nel DSM 5 come “Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione” (pag. 379). Tra i disturbi riportati troviamo la pica, il disturbo da ruminazione, disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo, l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa, il disturbo da binge eating, il disturbi della nutrizione o dell’alimentazione con altra specificazione, il disturbi della nutrizione o dell’alimentazione senza altra specificazione.

I disturbi con una maggiore incidenza e sicuramente più conosciuti anche dai non addetti ai lavori sono l’anoressia, la bulimia e il binge eating (alimentazione incontrollata).

Anoressia

L’anoressia è forse il disturbo alimentare più conosciuto. Stando ai dati riportati dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS), gli studi pubblicati rilevano una prevalenza dello 0.2-0.8 per cento dell’anoressia, in linea con i dati forniti dagli altri paesi. Per darci un’idea si stimano dunque tra le 120.000 e le 480.000 persone che soffrono di anoressia in Italia.

L’anoressia è un disturbo in cui vi è una restrizione dell’assunzione calorica in relazione alle necessità, con una marcata diminuzione del peso corporeo; vi è un’intensa paura di aumentare di peso o divenire grassi e un’alterazione nella percezione della forma e del peso del proprio corpo.

Non vi è un peso minimo che una volta superato definisce la persona anoressica, ma ci si affida all’indice di massa corporea (BMI). L’indice di massa corporea è determinato dal rapporto tra il peso e l’altezza elevata al quadrato. A seconda del risultato ottenuto, si ottiene un indice della gravità dell’anoressia. Qui di sotto sono riportati i valori secondo il Ministero della Salute.

Lieve: IMC ≥ 17 kg/m2
Moderato: IMC 16-16,99 kg/m2
Grave: IMC 15-15,99 kg/m2
Estremo: IMC < 15 kg/m2

Le persone affette da anoressia tendenzialmente la sviluppano durante l’adolescenza. Oltre ai pensieri riguardanti il cibo che sono di per sè pervasivi, spesso si affiancano anche disturbi dell’umore e la difficoltà nell’accettazione del proprio corpo. Per un approfondimento delle caratteristiche psicologiche della persona anoressica, vi rimandiamo a questo link.

Le persone che soffrono di anoressia rischiano, in alcuni casi anche la morte.

E’ importante quindi riconoscere i primi segni della comparsa così da poter intervenire con un buon trattamento psicoterapico.

Bulimia

La bulimia è un altro disturbo molto diffuso, associato spesso all’anoressia. Stando ai dati riportati dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS), gli studi pubblicati rilevano una prevalenza dell’1-5 per cento della bulimia, in linea con i dati forniti dagli altri paesi.

La bulimia consiste nel mangiare in maniera vorace grandi quantità di cibo e nel cercare di “eliminare” poi questo con l’utilizzo di lassativi, facendo molta attività fisica, vomitando o digiunando. Affinchè vi sia una diagnosi di bulimia è necessario che le abbuffate siano ricorrenti, che siano caratterizzate dalla sensazione di perdere il controllo e che siano seguite da condotte compensatorie.

Solitamente queste avvengono in solitudine e in segreto, per quanto possibile. Il tutto è accompagnato dalla sensazione di perdere il controllo e da l’umore deflesso dovuto alla percezione di un sè negativo, piuttosto che alla sensazione di fame o allo stress.

Sono presenti dei comportamenti compensatori che vengono solitamente attuati successivamente all’abbuffata. Il più comune è l’autoinduzione del vomito. Questa pratica, a lungo andare, può portare a gravi conseguenze fisiche come lo squilibrio elettrolitico o addirittura alla lacerazione dell’esofago che può essere mortale.

Tra le più frequenti alterazioni fisiologiche troviamo l’ipopotassiemia, l’iponatriemia e l’ipocloremia.

Possono esserci attività compensatorie quali l’eccessiva attività sportiva che “deve” essere praticata ma che è volta alla gestione emotiva della situazione. Fare molto sport riesce anche a tenere a bada, in parte, quella che è la paura di ingrassare. Tuttavia, la persona bulimica pratica sport anche se non è fisicamente pronta. Per esempio, potrebbe correre un’ora dopo essersi slogata la caviglia qualche giorno prima. A questi metodi possono essere affiancati l’utilizzo dei lassativi o diuretici.

Una persona bulimica tende ad avere una bassa autostima, essere cresciuta in contesti sociali giudicanti o controllanti, essere sensibile alla depressione o all’ansia. Tutti fattori che possono facilitare la comparsa della bulimia.

Il controllo è al centro della tematica bulimica, tanto che le regole adottate da chi ne soffre sono rigide ed estreme. Tuttavia quello che accade è che seguire una dieta estremamente rigida comporta anche a compiere delle trasgressioni che portano poi la persona ad avere una vera e propria abbuffata. Le abbuffate hanno anche il compito di allentare la tensione della dieta ma suscitano anche emozioni negative quali vergogna, inadeguatezza, disgusto e senso di colpa. Queste emozioni possono innescare nuovamente situazioni di abbuffate riattivando il circolo vizioso.

E’ necessario anche qui che la persona possa farsi aiutare da uno psicoterapeuta formato in ambito alimentare.

Binge Eating

Il binge eating possiamo tradurlo in italiano con il termine abbuffate di cibo. Si tratta di abbuffate di cibo solitamente con la sensazione di perdere il controllo. Questo come accade per la bulimia. Tuttavia, a differenza di quest’ultima, non vi è l’attuazione sistematica di pratiche compensatorie come il vomitare, l’eccessiva attività fisica, l’uso di lassativi o diuretici.

Per quanto concerne l’incidenza, dobbiamo fare riferimento ai dati raccolti in altri paesi occidentali. Una revisione pubblicata nel 2016, che calcolava la prevalenza dei disturbi della condotta alimentare in Europa, mostrava una percentuale di binge-eating inferiore all’1-4%.

I dati in nostro possesso dobbiamo sempre prenderli con le pinze in quanto non vi può essere un valore certo dell’incidenza per diversi motivi; per esempio molti disturbi della condotta alimentare non arrivano mai all’attenzione della sanità; non vi sono degli enti che raccolgono in maniera sistematica i dati; sono in comorbilità con altri disturbi. Questo non favorisce una raccolta dati univoca.

Ma il binge eating (disturbo da alimentazione incontrollata), in particolare di cosa si tratta?

Si tratta di episodi ricorrenti di abbuffate di cibo senza comportamenti di compensazione, come nella bulimia. Vi è dunque un’assunzione di cibo compulsiva. Colpisce soprattutto le donne, anche se la percentuale maschile è più alta di quella che riscontriamo nell’anoressia e nella bulimia. Insorge solitamente nella prima metà età adulta ed è il disturbo alimentare più diffuso. Infatti è associato spesso all’obesità e la frequenza di questo disturbo cresce con l’aumentare della gravità dell’obesità. Una persona obesa su cinque soffre di binge eating.

Quando la persona tende ad avere abbuffate tendenzialmente si può riscontrare una bassa autostima, un umore spesso deflesso e un’immagine di se e del proprio corpo negativa. Tuttavia, il continuo perpetrare questo comportamento porta a problematiche fisiche quali obesità, ipertensione, problemi cardiovascolari, diabete e altre ancora.

Affinchè si possa trattare questo disturbo è necessario interrompere il binge eating lavorando su diversi piani, così come per gli altri due disturbi precedentemente descritti.
Il lavoro integrato di psicologi, psichiatri, dietisti e altre figure professionali del campo possono aiutare la persona a riprendere una vita più sana ed equilibrata.

Bibliografia

American Psychiatric Association (2013), Manua- le diagnostico e statistico dei disturbi Mentali, Quinta edizione (DSM5), trad. it. Raffaello Cortina, Milano 2014.

Keski-Rahkonen A, Mustelin L. Epidemiology of eating disorders in Europe: prevalence, incidence, comorbidity, course, consequences, and risk factors. Curr Opin Psychiatry. 2016 Nov;29(6) 340-345.

www.epicentro.iss.it/anoressia/epidemiologia

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