Jefferson (2001) definisce questa condizione come una condizione di sofferenza soggettiva caratterizzata da paura e irrequietezza, associate al timore marcato e persistente di una situazione sociale, prevista o da affrontare, in cui si è esposti al possibile giudizio degli altri.
Avete mai provato quella sensazione sgradevole in cui dovete fare qualcosa di fronte alle altre persone, come per esempio parlare davanti ad un pubblico, grande o piccolo che sia? O quella difficoltà a legare con qualcuno che non conoscete? Avete mai cominciato a sudare copiosamente, respirare affannosamente o addirittura a scappare quando qualcuno vi ha fatto un complimento o una critica?
Beh, se vi è capitato, potenzialmente ma non necessariamente soffrite di ansia, più propriamente conosciuta come fobia sociale.
Definizione
Il DSM 5, Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali quinta edizione, elenca una serie di criteri che delineano la fobia sociale o disturbo d’ansia sociale:
- Paura o ansia marcate relative a una o più situazioni sociali nelle quali l’individuo è esposto al possibile esame degli altri.
- L’individuo teme di agire in maniera da essere valutato negativamente.
- Le situazioni sociali temute provocano quasi invariabilmente paura o ansia.
- Le situazioni sociali sono evitate o sopportate con ansia e paure intense.
- La paura e l’ansia sono sproporzionate rispetto alla reale minaccia posta dalla situazione sociale.
- Durano da sei mesi o più.
- La paura e l’ansia creano disagio clinicamente significativo.
Come si sviluppa?
Secondo i dati presenti in letteratura, la fobia sociale colpisce circa il 7-13% delle persone nell’arco della loro vita, esordendo il più delle volte in adolescenza e colpendo maggiormente il sesso femminile (60%) rispetto al maschile. E’ spesso in comorbilità con altri disturbi, quali depressione e disturbi d’ansia.
Le cause che generano fobia sociale sono multifattoriali. Infatti, sembra che, come per altre fobie specifiche, dipendano dal contesto socio-culturale in cui una persona cresce.
Le esperienze infantili e i comportamenti appresi sono collegate con lo sviluppo dell’ansia sociale; questo è stato notato soprattutto in persone predisposte e poste ripetutamente di fronte a situazioni infantili negative, come per esempio l’essere esposti a umiliazioni pubbliche o simili.
La letteratura suggerisce che vi sia una sorta di trasmissione transgenerazionale dei disturbi d’ansia, anche se non è ben chiaro in che quota essi siano dovuti a fattori genetici o ambientali. Appoggiandoci sulla teoria ormai salda dell’epigenetica, è probabile che le persone che sviluppano il disturbo d’ansia sociale siano potenzialmente predisposte, ma è necessario un ambiente idoneo allo sviluppo della fobia affinchè essa si manifesti. In ambienti socio-culturali sicuri, è probabile che la fobia non si sviluppi.
Le persone che soffrono di ansia sociale, tendenzialmente hanno un’autostima bassa ed elevati livelli di autocritica. Infatti, queste due, tendono a mantenere il fenomeno di autosvalutazione che le persone hanno.
Il fobico sociale
Immaginate dunque una persona che prova ansia in moltissime situazioni sociali, tanto che tende ad evitarle tutte. Ogni volta che c’è la possibilità di un evento sociale, con una scusa o con l’altra, non si presenta. Una persona sensibile al giudizio altrui, che teme di essere preso in giro, giudicato o essere al centro di critiche. Le amicizie, se ne ha, tendono ad assotigliarsi gravando ancor più sull’idea di inadeguatezza personale. La solitudine diventa la compagna esclusiva della sua quotidianità. Si attiva un circolo vizioso che lo porta ogni volta a ritenersi inadeguato, non all’altezza, sbagliato. Si sente inferiore e questo mina pesantemente la sua autostima che continua a diminuire. In casi abbastanza gravi, la persona tende a rifiutare qualsiasi contatto sociale, fino a ritirarsi da qualsivoglia attività sociale.
Cosa fare dunque?
Per prima cosa rivolgetevi ad uno psicoterapeuta, che valutata la situazione deciderà se il trattamento necessita o meno del supporto farmacologico, di competenza dello psichiatra.
Il trattamento della fobia sociale può essere psicoterapico o affiancato ad un trattamento farmacologico.
Una tecnica molto diffusa è quella dell’esposizione graduale dove la persona viene invitata gradualmente ad esporsi a situazioni sociali temute. Così facendo, l’ansia associata all’esperienza diminuisce e il paziente riesce ad affrontare le situazioni con serenità.
Utilizzando la mindfullness si può aiutare la persona a mantenere una buona consapevolezza e a gestire le emozioni emergenti, quali la paura e l’ansia. Così facendo, si può aiutare il paziente a confrontarsi con le sue paure e a modularle.
A queste due tecniche, possiamo anche aggiungere la ristrutturazione cognitiva, che consente al paziente di modificare i pensieri irrazionali che in qualche modo sostengono il disturbo.
Maggiore consapevolezza consentono alla persona di riappropiarsi della propria quotidianità e di tornare, se lo aveva già fatto, a vivere.
Bibliografia
- Cox BJ, Fleet C, Stein MB. Self-criticism and social phobia in the US national comorbidity survey. J Affect Disord. 2004 Oct 15;82(2):227-34.
- Jefferson, J.W. (2001). Social anxiety disorder: more than just a little shyness. Primary Care Companion Journal of Clinical Psychiatry, 3, 1, 4-9.
- Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, Quinta edizione, DSM–5. Raffaello Cortina Editore, Milano, 2014.
- Ruscio AM, Brown TA, Chiu WT, Sareen J, Stein MB, Kessler RC. Social fears and social phobia in the USA: results from the National Comorbidity Survey Replication. Psychol Med. 2008 Jan;38(1):15-28.